La parola “acquaponica” è formata dai termini “acquacoltura” (allevamento di pesci in ambienti controllati) e “idroponica” (coltivazione di piante senza suolo). Entrambi questi sistemi, pur avendo vantaggi, presentano anche dei limiti. L’acquaponica nasce proprio dalla combinazione di queste due tecniche in un sistema a ricircolo, in cui i benefici superano gli svantaggi.
L’origine del termine riflette questa sinergia: il prefisso “aqua”, dal latino, indica l’elemento centrale del sistema, mentre la radice “ponica” richiama il termine greco pónos, che significa “lavoro”. Insieme, il termine può essere liberamente interpretato come “il lavoro dell’acqua”, sottolineando il ruolo attivo e centrale che essa svolge nel favorire la crescita di piante e pesci, ottimizzando al tempo stesso l’uso delle risorse. L’acquaponica può essere definita come la fusione tra l’acquacoltura e la coltivazione idroponica. Nel sistema idroponico, le piante crescono senza terra, alimentate da una soluzione nutritiva disciolta in acqua. Nel caso dell’acquaponica, però, i nutrienti essenziali per la crescita delle piante derivano dai rifiuti prodotti dai pesci allevati nel sistema. Elementi come azoto e fosforo, provenienti sia dalle escrezioni e dagli escrementi dei pesci sia dalla decomposizione del mangime non consumato, vengono assorbiti dalle radici delle piante, che sono direttamente immerse nell’acqua.

