Diari dei partecipanti italiani: Il Diario di Matteo

Giorno 1, domenica: 29.09.2024

Il primo giorno siamo stati la mattina all’Università Pablo de Olabite (UPO), mentre il pomeriggio siamo stati a vedere l’orto di Vega de Triana. I responsabili degli orti, erano due signori, uomo e donna, di più di settant’anni, che con gentilezza e passione ci hanno raccontato di come con diverse difficoltà, come il reperimento dell’acqua, soprattutto durante le secche dell’estate, e la convivenza tra persone e/o associazioni che non si conoscono siano riusciti a creare una piccola area verde tra un Centro sportivo e un fiume dove rilasciavano gli scarti della lavorazione di un’industria dl ferro. I 37 orti da 50mq hanno poca luce, acqua che utilizzano attingendo ad una cisterna, ma non hanno un regolamento, infatti tutto è iniziato con liste fatte da associazioni, e le prime assegnazioni vennero fatte per sorteggio. Nonostante la mia discreta conoscenza dello spagnolo sono sempre rimasto affascinato da come cambiano i nomi che gli esseri umani danno agli ortaggi. Eccone alcuni:

  • Citrinina: Hierba Luica
  • Melanzana: Merenjena
  • Zucca: Calabaca
  • Bieta: Acelga
  • Rosmarino: Romero
  • Sedano: Apio
  • Nasturzio: Cappuccina
  • Menta: Hierba Buena
  • Fagioli: Habas o Frijoles

Giorno 2, lunedì: 30.09.2024

Il secondo giorno è stato ricco di visite e incontri. Abbiamo cominciato con il museo del Flamenco Ramon Amaya. Il luogo dove è sorto questo museo, e la vicina Università di Flora Tristan sono molto emblematici in quanto sorgono all’interno del quartiere più povero di tutta la Spagna, e patria del popolo gitano: Il Poligono Sur.

Creare un’Università gratuita per studenti con reddito basso in un luogo tanto disilluso rispetto a sogni e prospettive ha illuminato la nostra visita come la panchina disegnata con i colori della pace illuminata dal sole che potete vedere qua sopra. Natura e cultura si mescolano in un connubio fruttuoso e verdeggiante

Nonostante la povertà sembrava che la nazione delle piante riuscisse a dire la sua anche nei luoghi più inospitali, tra i vasi arrabattati e il lamierato dell’Università.

In tarda mattinata siamo andati a visitare il Ceper garden, un orto strutturato attraverso la pratica della Permacultura nel Poligono Sur.

“Una cultura umana non può sopravvivere a lungo senza la base di un’agricoltura sostenibile e una gestione etica della terra”.

Questa geniale intuizione ha ispirato Bill Mollison nel coniare il termine Permacultura, una sintesi teoria e pratica che sistematizza ed sviluppa gli elementi di diverse scienze ecologiche, aprendo nuovi orizzonti progettuali.

La parola “permacultura” è stata creata da Bill Mollison e da David Holmgren a metà degli anni ‘70 per descrivere un sistema integrato ed evolutivo di specie vegetali ed animali perenne o auto-perpetuante, ed utile all’uomo.

La Permacultura è un processo integrato di progettazione che dà come risultato un ambiente sostenibile, equilibrato ed estetico.

Applicando i principi e le strategie ecologiche si può ripristinare l’equilibrio di quei sistemi che sono alla base della vita.

La Permacultura è la progettazione, la conservazione consapevole ed etica di ecosistemi produttivi che hanno la diversità, la stabilità e la flessibilità degli ecosistemi naturali.

Allo stesso modo si applica a strategie economiche e alle strutture sociali.

La Permacultura si può definire una sintesi di ecologia, geografia, antropologia, sociologia e progettazione.

La Permacultura è nata come sistema di progettazione del territorio che integra armoniosamente l’uomo con l’ambiente e i suoi elementi (abitazione, alimentazione, risorse naturali, relazioni umane e sociali). L’obiettivo è progettare insediamenti duraturi, il più possibile simili ad ecosistemi naturali, tramite il riconoscimento, l’utilizzo e l’armonizzazione delle componenti del paesaggio (morfologia, clima, terreno, acqua, vegetazione, animali) sviluppando rapporti di sostegno reciproco tra gli elementi dell’ambiente e i bisogni delle persone e basandosi su uno stile di vita “non predatore” e “non parassitario”. Il risultato è un sistema di grande valore estetico, produttivo, e sostenibile nel tempo, con bassi costi di manutenzione.

E dunque grazie a questa visita e all’incontro con Tiziana, Fernando e Luciano, i tre ortolani che hanno progettato questo tipo di tecnica, abbiamo imparato la convivenza, l’integrazione e la condivisione di spazi comuni all’interno di un orto in continua relazione con il resto dell’ambiente, e non isolati nelle loro monoculture. Qui di seguito si può ascoltare un podcast dedicato all’orto del Poligono Sur del programma Gota verde

radioabiertasevilla.com/entender-relaciones-humanas-permacultura

Nel pomeriggio siamo andati a vedere gli orti di Infanta Elena, dove abbiamo fatto una lezione sulla vermiculata, e abbiamo visitato gli orti, ognuno con le sue tecniche ed esperienze, nel rispetto della comunità e delle sue minoranze.

Giorno 3, martedì: 01.09.2024

Il terzo giorno siamo andati a vedere il Parque del Alamillo. Fondato tra il 1995 e il 1997 venne lasciato in uno stato di semi-abbandono fino al 2014 quando hanno iniziato a fare orti che davano alla comunità del quartiere.

L’obiettivo è stato solo quello di fare i contadini, e donare parte del raccolto alla Caritas. Dei 170 orti, 120 fanno parte di un’associazione che con pochi euro l’anno tutela la comunità agricola e investe in attrezzi e pulizia.

Il pomeriggio, dopo un picnic nel Parque del Alamillo, siamo andati all’orto di Pino Montano, forse uno degli orti più emblematici di tutta Siviglia.

Il luogo era un centro di Educazione psichiatrica visitato anche dal grande poeta Garcia Lorca, che nel 2010 venne convertito in un luogo di educazione ecologica. C’erano 270 orti che si stagliavano lungo una strada lunga e soleggiata

Dopo averne visitati diversi siamo andati a fare un laboratorio di chimica che estraeva oli essenziali dalle erbe aromatiche, in un laboratorio grande e spazioso dove ad ogni officina era dedicato ad un tipo di lavoro artigianale.

Giorno 4, mercoledì: 02.09.2024

Il quarto giorno siamo andati a visitare l’orto del Rey Moro, un orto che si trovava al centro di Siviglia. Ad accoglierci un fico che, a detta del responsabile Juan, aveva più di 300 anni.

Nonostante il periodo di ottobre fosse un mese di stasi per la coltivazione di Siviglia era affascinante immaginare i contadini operosi e felici coltivare la terra al centro della città.

Inoltre lo spazio fuori dagli orti era vissuto dalla comunità più giovane. Infatti c’erano panchine ed altalene, dove i bambini venivano a pranzare finita la scuola, come avevamo potuto constatare quel giorno.

Il problema principale era la mancanza di acqua, soprattutto nei mesi più torridi dell’anno, in quanto in assenza di una fonte, dovevano rifornirsi coi galloni. Anche la comunità del Rey Moro non era solo un’associazione di persone che lavorava la terra, bensì un gruppo di persone che attraverso la condivisione di spazi rendeva vivi i luoghi e li trasformava, anche in arte come si può vedere nei murales alla pagina dopo.

Giorno 5, giovedì: 03.09.2024

Infine l’ultimo giorno siamo andati a vedere gli Orti di Miraflores. Grazie alla preparatissima guida di Jose Manuel, uno studente “Gardenizer” che aveva visitato gli orti di Roma la settimana precedente, abbiamo visitato quasi tutti gli orti della comunità. I palazzi sembrava circondassero gli orti, che sembravano un hotspot di biodiversità circondato da una “giungla d’asfalto”

Tra i contadini si respirava una piacevole serenità, dovuta probabilmente dal fatto che, oltre che essere una passione, lavorare la terra è una cura. Gli orti di Miraflores sono delle piccole isole che dialogano una con l’altra anche attraverso la condivisione di alberi, ammessi all’interno dei terreni.

Gli orti si sono formati in un luogo dove c’era un vecchio pozzo, che durante l’inverno viene ancora utilizzato per raccogliere acqua piovana e rifornire i contadini nei mesi più torridi.

Questa settimana a Siviglia è stata una meravigliosa scoperta del fatto che, come profetizzava il grande maestro Masanobu Fukuoka, la rivoluzione può cominciare anche da un filo di paglia.

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